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La "Crisi dell'ottavo mese"

Una fase di sviluppo delicata e importante da saper gestire

“Prima andava in braccio e giocava con tutti, ora non posso lasciarlo un attimo che si mette a piangere!”

È successo anche a te? In gergo viene chiamata la “crisi dell’ottavo mese”, vediamo di cosa si tratta e che significato ha per il bambino.



Perché il bambino va in "crisi"?


Intorno ai 6/9 mesi di vita il bambino attraversa una fase di sviluppo particolare caratterizzata da un’ansia da separazione, per cui manifesta pianti inconsolabili quando le sue figure di riferimento si allontanano, e una improvvisa paura e diffidenza verso gli adulti poco familiari.


Ma com'è possibile? Prima era tranquillo, stava in braccio a tutti, e ora invece all'improvviso vuole stare sempre solo con mamma, e anche di notte dorme male... come mai?


Per quanto possa sembrare strano, queste paure sono assolutamente normali e anzi, è un comportamento adattativo legato principalmente allo sviluppo cognitivo, emotivo e motorio del bambino durante questa fascia di età.


Intorno ai 6/9 mesi, infatti, avvengono due conquiste evolutive importanti: il bambino inizia a identificare chiaramente le sue figure di riferimento e riesce così a differenziarle rispetto ad altre persone non familiari; al contempo, il bambino inizia a muoversi e a spostarsi più liberamente nell’ambiente (si gira, striscia a terra, afferra gli oggetti).


Queste nuove abilità, assolutamente fondamentali per lo sviluppo del piccolo, danno origine all’ansia da separazione e alla paura dell’estraneo, ovvero a dei meccanismi che hanno l’obiettivo di proteggere il bambino da possibili pericoli e predatori (in un’ottica evoluzionistica), e quindi che aumentano le probabilità di sopravvivenza del piccolo.


Il bambino così tende a voler stare più vicino alle figure di riferimento e ad allontanarsi da coloro che sono poco familiari, comportamenti adattativi che gli permetterebbero così di limitare i pericoli dell'esplorazione, dal momento che non è ancora in grado di prevedere quali individui e/o situazioni possono essere potenzialmente pericolosi.



Cosa fare?


Questa è una fase delicata per il bambino, che come abbiamo visto ha un significato adattativo importante per il suo sviluppo. Non ignoriamo quindi il suo bisogno di contatto, ma dimostriamogli invece che siamo per lui una fonte di protezione e sicurezza di cui si può fidare.


La risposta della mamma all’angoscia del piccolo in questo periodo è particolarmente importante in quando crea le basi di una relazione affettiva più o meno sicura.


Pertanto, il fatto di essere più “appiccicoso” o avere difficoltà nella nanna in questo periodo non ci deve preoccupare e non dev’essere considerata una “regressione”, ma una fase naturale dello sviluppo del bambino che sta maturando delle abilità cognitive ed emotive più raffinate!

 

Fonti:

- Bowlby, J. (1969/1999). “Attaccamento e perdita. Vol. I: Attaccamento alla madre. Seconda edizione”. Torino: Bollati Boringhieri.

- Marvin, R. S., & Britner, P. A. (2008). Normative Development: The Ontogeny of Attachment. In J. Cassidy & P. R. Shaver (Eds.), “Handbook of attachment: Theory, Research and Clinical Applications”. New York: Guilford Press, pp. 269-294.


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