La fase dei “perché” nei bambini
Perché tanti "perché"? Come rispondere a tante domande?

Una mente curiosa
Quando il bambino inizia a collezionare esperienze nel mondo che lo circonda e padroneggia abbastanza il linguaggio, inizia la “fase dei perché”. Intorno ai 2-3 anni i bambini iniziano a chiedere ai genitori e a chi si prende cura di loro tante cose sul mondo e si interrogano sulle questioni più bizzarre.
Le domande dei bambini sono sempre interessanti, sono l’espressione di una mente che cerca di sapere
scriveva Montessori. La fase dei perché è una tappa che rispecchia una mente curiosa e sana che cresce rapidamente. La curiosità e l’esplorazione dei bambini, se incoraggiate, sono il motore per l’acquisizione di sempre nuove conoscenze.
Per Piaget la voglia di esplorare e curiosare dei bambini deriva dalla necessità di dare un senso al mondo. La curiosità poi aumenta quanto più il bambino cresce, perché va di pari passo con l’emergere di capacità cognitive sempre più complesse: l’esplorazione e la curiosità sono infatti per Piaget strettamente legate allo sviluppo dell’intelligenza.
Come rispondere alla curiosità dei bambini
Ma come rispondere a un bambino curioso che fa tante domande? Quando i bambini sono molto piccoli, spesso gli adulti si trovano in difficoltà perché non sanno come rispondere: il problema è che spesso si risponde in modo troppo esauriente e i bambini non capiscono, ed è importante quindi cogliere questi segnali.
A questo proposito Montessori riporta un simpatico episodio:
Un bimbo un giorno chiese a suo padre perché le foglie sono verdi; il padre gli parlò a lungo della clorofilla, della funzione dei raggi del sole e così via... poco dopo il figlio borbottò: “Ma io voglio sapere perché le foglie sono verdi!”
I bambini più piccoli (e fino a 6-7 anni di età) riescono a capire solo ciò di cui hanno esperienza diretta e concreta, quindi spiegazioni troppo astratte e complicate non servono a molto. Le risposte ai “perché” dei bambini dovrebbero essere quindi brevi e semplici, stando attenti fin dove il bambino riesce a capire e rimanendo su degli esempi concreti che può vedere o di cui ha avuto esperienza diretta.
Anche se a volte può risultare difficile rispondere, è importante per lo sviluppo del bambino non ignorare le sue domande. Al contrario, bisognerebbe sempre alimentare la sua curiosità, non vedendola come un tormento ma come un sintono di un sano sviluppo.
In uno studio di Henderson e Moore (Università della Carolina e Università del Minnesota, USA) è stato visto che il comportamento dei genitori influenza la curiosità dei bambini: i ricercatori hanno osservato che i bambini molto curiosi fanno più domande agli adulti che rispondono alle loro richieste, mentre tendono a fare meno domande agli adulti poco responsivi. Questi risultati indicano che l'atteggiamento degli adulti è in grado di influenzare (sia in positivo che in negativo) il comportamento esplorativo dei bambini.
La Prof.ssa Arnone della Syracuse University (USA) suggerisce che a poco a poco che il bambino cresce si possono aggiungere dei “conflitti” alle spiegazioni che si danno (perché secondo te non è -così- ma è -così-?) e si può stimolare la sua curiosità attraverso le attività quotidiane, aiutandolo a esplorare, sperimentare e a scoprire il mondo in modo più autonomo.
Infine, il Prof. Sternberg, professore di psicologia alla Cornell University (USA), sottolinea l'importanza del ruolo dell'adulto: egli afferma che gli insegnanti e genitori che rispondono alle domande dei bambini, li incoraggiano a esplorare e li stimolano a cercare una spiegazione spingendoli a ragionare (quando sono più grandi) così facendo sono in grado di promuovere di più il loro sviluppo intellettuale.
Fonti:
- Montessori (1952). “La mente del bambino”.
- Amy Chak (2007). Teachers' and parents' conceptions of children's curiosity and exploration. International Journal of Early Years Education, 15, 141-159.
Foto di copertina: Foto di Olya Kobruseva da Pexels
