Malati di indifferenza
Perché le notizie che arrivano dal Terzo Mondo ci annoiano?

“Le persone non sono malate di ignoranza, ma di indifferenza”
scrive Alain De Botton, filosofo, scrittore e giornalista inglese che ha analizzato il ruolo dei media nel disinteresse che proviamo verso le tragiche notizie che arrivano dai paesi esteri.
Nell’era in cui siamo sommersi da notizie di ogni tipo, sia direttamente che indirettamente, è difficile continuare ad additare le persone come “ignoranti”. Così facendo non si considera un elemento importante: le persone filtrano le notizie che ricevono. E se uno di questi filtri fosse l’indifferenza?
Normalizzare la sofferenza
Cosa sta succedendo nella Repubblica Democratica del Congo? Perché questa escalation di proteste in Albania nelle ultime settimane? Oggi procurarsi queste informazioni non è per nulla difficile, ma il problema è arrivare a provare un sincero interesse verso questi eventi. Possiamo immaginare che né in Congo né in Albania se la stiano passando bene, e ciò deriva dal fatto che ormai siamo abituati a sentire superficialmente notizie di conflitti e proteste in questi paesi.
Ciò non toglie però che in questi contesti ci siano persone che soffrono ogni giorno, e lo fanno esattamente come noi. In un certo senso i media hanno normalizzato la sofferenza dei paesi stranieri, senza che potessimo sviluppare un reale interesse verso questi.
Uno dei motivi per cui questo accade, spiega De Botton, è dovuto al fatto che i media raccontano gli avvenimenti più tragici in modo generico e superficiale, senza soffermarsi sui dettagli: tutti sappiamo che se si descrivono le ragioni di un conflitto è una cosa, mentre se ci si sofferma sul dramma di una bambina che è stata brutalmente ferita durante gli scontri ha tutto un altro effetto. Descrivere in modo superficiale un evento senza parlare delle persone che quell’evento lo hanno vissuto non permette di empatizzare con loro.
Questo porta a un altro problema: normalizzare la sofferenza di certi paesi non ci permette di valutare la gravità degli avvenimenti che vi accadono. In altre parole: se nel mio immaginario ho l’idea che il Congo sia un paese in costante conflitto, quasi non mi stupisce se sento la notizia di un’esplosione che ha ucciso 30 persone. Se succede la stessa cosa in Francia, però, la notizia ha tutta un’altra risonanza, per quanto un evento simile sia oggettivamente una tragedia in ogni angolo del pianeta in cui accada.
Si trattano quindi le persone lontane da noi e dalla nostra cultura come se fossero già abituate alle tragedie: in realtà siamo noi quelli che ci siamo abituati troppo in fretta a scorrere velocemente le notizie e a desensibilizzarci su certi temi. Alla morte e la sofferenza di perdere una persona cara non ci si abitua mai, in nessun paese del mondo.

Guerriglie nella Repubblica Democratica del Congo
Manca una narrazione positiva che ci connetta come esseri umani
Nonostante la tecnologia, gli inviati, i fotoreporter, non abbiamo immagini della quotidianità di certi paesi che ormai abbiamo associato alla violenza e al degrado. Non sappiamo come sia una giornata ordinaria nella Repubblica del Congo, o come sia andare dal parrucchiere in Cambogia, o di come si festeggi un matrimonio in Somalia, o di cosa facciano gli algerini nel fine settimana.
I media danno per scontato che le notizie di bombe, attentati e stragi ci sconvolgano, ma come fanno davvero a colpirci se prima non entriamo in contatto con le abitudini con cui possiamo identificarci e con i dettagli che ci accomunano in quanto esseri umani?

Mercato di Poto Poto a Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo
Le persone quindi non soffrono solo di ignoranza, ma di un’indifferenza che deumanizza l’Altro, legittima le tragedie e frena un’empatia sincera. I media dovrebbero esaltare quegli elementi della natura umana che favoriscono l’identificazione con le persone che vivono nel resto del mondo, di modo che possiamo dare lo stesso valore a ciò che succede anche negli angoli più lontani e disastrati del globo.
I media avrebbero il grosso potere (se solo lo sfruttassero) di renderci più umani gli uni agli occhi degli altri cosicché, come dice De Botton,
"le barriere apparentemente insuperabili della geografia, della cultura, della razza e della classe sociale possano essere superate e gli abissi che ci separano siano colmati da nuovi sentimenti di vicinanza”.
Fonte
De Botton, A. (2014). “News. Le notizie: istruzioni per l’uso”.
